Dalle numerose telefonate che sto ricevendo in questi giorni, ho potuto constatare che la preoccupazione che accomuna i responsabili e gli operatori del Terzo settore, attiene principalmente alle conseguenze che questo “tsunami virale” si porterà dietro, ovvero alla concreta possibilità di proseguire le attività fin qui svolte e di dare continuità di reddito alle persone che lavorano in tale settore.
Ebbene, è opportuno in primis ricordare che l’art. 6 del Decreto Legge 14/2020 (Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza Covid-19), dispone che per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, fino al 31 luglio 2020, non si applica il regime di incompatibilità tra la qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria di cui all’art. 17, comma 5, del Codice del Terzo settore.
Ciò al fine di permettere a persone qualificate di sommare alle ore dedicate all’attività volontaria nell’ente nel quale operano anche un ulteriore tempo, questa volta remunerato, sebbene per un periodo di tempo limitato. Volendo quindi passare in rassegna le misure economiche introdotte con il decreto “Cura Italia” a sostegno delle attività e dei lavoratori delle ONLUS, delle ODV, delle APS, ed in generale di milioni di volontari e operatori delle organizzazioni del Terzo Settore - rinviando in altra sede l’esame degli articoli 27, 31, 61, 95 e 96 concernenti le ADS e le Società sportive dilettantistiche -, si ricorda che dalla sua lettura possiamo distinguere due tipi di misure economiche: quelle dirette, dettate espressamente per il Terzo settore (artt. 22 e 61), e quelle indirette, previste per altri settori ma suscettibili di estensione agli organismi del Terzo settore, in particolare alle associazioni (tra cui, artt. 64, 66 e 67); ciò al netto dell’art. 73 che mira a semplificare la gestione di tali organismi attraverso l’estensione della modalità di svolgimento in videoconferenza delle sedute degli organi collegiali (Assemblea, Consiglio direttivo, ecc.), e dell’art. 35 che spinge in avanti (entro il 31 ottobre 2020) il termine per adeguare gli statuti al Codice del Terzo settore ed alla nuova disciplina dell’Impresa sociale, nonché il termine di approvazione dei bilanci.
Alla luce, dunque, dell’art. 22 i datori di lavoro del Terzo settore, compresi gli Enti religiosi civilmente riconosciuti, possono riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro. Pertanto, gli enti che per l’emergenza hanno sospeso in tutto o in parte l’attività lavorativa dei propri dipendenti possono richiedere il trattamento di cassa integrazione salariale in deroga; esso è riconosciuto a decorrere dal 23 febbraio 2020 e può essere chiesto solo per i dipendenti già in forza a quella data; avrà la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque non potrà superare le nove settimane. Ai lavoratori posti in cassa integrazione, oltre al trattamento d’integrazione salariale, è riconosciuta la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori (come gli assegni per il nucleo familiare). Ai fini del riconoscimento del trattamento non si applicano: le disposizioni relative al requisito dell’anzianità di effettivo lavoro, il contributo addizionale, la riduzione in percentuale della relativa misura in caso di proroghe dei trattamenti di cassa integrazione in deroga.
La prestazione è concessa con decreto delle Regioni e delle Province autonome interessate, le quali provvedono anche alla verifica della sussistenza dei requisiti di legge. Le domande di accesso alla prestazione in parola devono essere presentate esclusivamente a detti enti pubblici interessati, che effettueranno l’istruttoria secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse. Possono accedere a questa misura agevolava anche gli Enti ecclesiastici (Diocesi, Parrocchie, Seminari, Istituti religiosi) sia per i dipendenti addetti alla loro attività “istituzionale” – come gli operatori delle Curie, delle Caritas, i sacrestani, le segretarie parrocchiali – sia per quelli addetti alle attività commerciali – se sono escluse da ogni intervento del Fondo di Solidarietà e della Cassa Integrazione Ordinaria. Per ulteriori indicazioni a riguardo, si rinvia al Messaggio INPS N. 1287 del 20.03.2020 (Oggetto: Decreto cura. Emergenza Covid. Prime informazioni su Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga).
L’articolo 61 estende, poi, la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria alle ONLUS, alle ODV, ed alle APS, che esercitano, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale previste dall’art. 5, comma 1, del Codice del Terzo settore (ad esempio: servizi sociali, prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, educazione, istruzione e formazione professionale, organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, etc.). A tal proposito, si ricorda ancora che l’art. 37 dispone la sospensione, fino al 31 maggio, dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici. Essi dovranno esser effettuati entro il 10 giugno 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi. Questa misura riguarda tutte le persone fisiche titolari di rapporti di lavoro domestico (compresi i sacerdoti), ma interessa anche alcuni Enti ecclesiastici che hanno alle proprie dipendenze lavoratori inquadrati con il contratto di collaborazione domestica, contratto utilizzabile non solo nell’ambito familiare, ma anche nelle “comunità religiose”, limitatamente alle esigenze di accudimento della comunità stessa e all’assistenza personale dei suoi membri, ad esempio, come ricorda l’INPS con Messaggio del 21 ottobre 2011, le case famiglia, i seminari, le comunità familiari di assistenza, le convivenze di sacerdoti anziani cessati dal ministero parrocchiale o dal servizio diocesano.
A questo punto, va ricordato che gli enti non commerciali, compresi gli Enti ecclesiastici, che svolgono attività commerciali possono usufruire di una serie di misure di sostegno, tra cui: l’erogazione di contributi per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese (art. 43); la sospensione delle rate dei mutui contratti con banche e altre agevolazioni finanziarie per micro, piccole e medie imprese (artt. 55-58); un credito d’imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute, nel limite di 20mila euro, per incentivare la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Le modalità di applicazione saranno stabilite con un apposito decreto da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge (art. 64); il Fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo destinato a sostenere tali settori che per primi hanno subito le conseguenze delle misure di contenimento. Entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame il Ministero per i beni e le attività culturali stabilirà le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori dei settori (art. 89). Infine, vanno menzionati l’art. 66 che prevede incentivi fiscali per le erogazioni liberali in denaro e in natura finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, nonché l’art. 67 che arresta le attività dell’Agenzia delle Entrate e dell’agente pubblico della riscossione, prevedendo la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso.
Ovviamente quelle appena elencate vanno considerate come prime misure, di per sé non sufficienti a garantire nei mesi a venire la vita delle associazioni, che in questa emergenza hanno anche visto impoverirsi un importante canale di loro approvvigionamento, ovvero le erogazioni liberali (di denaro o di beni di varia natura), deviate sulle emergenze sanitarie. Adesso, quindi, oltre ad auspicabili ulteriori strumenti finanziari ed economici volti a sostenere tali organizzazioni, sarà necessario fare un successivo passo in avanti ed intraprendere un nuovo percorso operativo ed organizzativo, anche alla luce dell’evoluzione segnata dalla riforma del Terzo settore in termini di semplificazione normativa e di introduzione di nuovi strumenti per sviluppare nuove potenzialità.
Sarà allora utile che tali enti si interroghino sulle scelte da prendere (iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, c.d. RUNTS, in quale sezione collocarsi, etc.), e sulle possibili conseguenze da esse derivanti. A fronte delle molteplici agevolazioni finanziarie e fiscali riservate agli enti che entreranno a far parte del perimetro degli ETS, infatti, sono previsti importanti vincoli di carattere statutario e contabile, poiché essendo la struttura più agevolata è anche quella più controllata. Facendo, allora, attenzione a non farsi condizionare dal passato, a non lasciarsi attrarre dalla scelta apparentemente più semplice, tutti gli enti sono chiamati ad una attenta analisi per adeguare enti e strutture, che tenga insieme le esigenze di governance, le caratteristiche delle principali fonti ed attività di finanziamento, le agevolazioni introdotte e quelle abrogate, nonché le peculiarità della missione.
Ed è proprio allo scopo che si intende effettivamente perseguire che bisogna innanzitutto guardare, scegliendo la veste giuridica più adatta a realizzarlo (e magari ad arricchirlo, diversificando le attività), senza lasciarsi condizionare unicamente dagli aspetti fiscali, e quindi provando ad invertire quell’abitudine fin qui consolidatasi. Se la mia vocazione è in maggior misura imprenditoriale, produttiva, potrebbe non rivelarsi la scelta giusta quella di collocarsi, per esempio, nell’alveo delle ODV, delle APS anziché in quello dell’Impresa sociale, è ciò solo per beneficiare delle maggiori agevolazioni fiscali previste per quei tipi di organizzazioni. Potrebbe non avere futuro una scelta simile, perché, appunto, non aderente alla natura dell’organizzazione, alle sue inclinazioni.
In attesa del RUNTS, inoltre, sarà utile analizzare le opportunità offerte dalla riforma in termini di interazioni tra Pubblica Amministrazione e Società civile, guardando agli strumenti della co-programmazione e della co-progettazione, ma anche alle partnership tra Stato, imprese e privato sociale, allargando i confini di tali partenariati anche alle piccole e medie imprese, e non solo alla grande impresa, come accade oggi.
Proprio in questo dialogo tra imprese ed attori del territorio rientra il rapporto fra profit e non profit, una relazione in termini di scambio che è importantissimo, specie in tale fase critica, sviluppare. Le imprese profit possono trarre dalle imprese non profit molti stimoli in termini di apertura, di sensibilità culturale, di attenzione ai bisogni sociali e alle persone; elementi che spesso non sono a loro connaturali. Viceversa, le organizzazioni non profit possono trarre quelle competenze, quelle economie di costo ed efficienza che sono tipiche delle imprese profit. Conseguentemente, anche al fine di incrementare le occasioni di scambio per dare concreta possibilità di sviluppo a tale rapporto, le organizzazioni non profit dovranno saper essere imprenditoriali e manageriali, ovvero non dovranno più trascurare o gestire con approssimazione gli aspetti economici e manageriali, ma dovranno conoscere e saper applicare le regole imprenditoriali, sempre, s’intende, nel rispetto dell’interesse generale e dell’assenza dello scopo di lucro (soggettivo).
Le organizzazioni non profit, pertanto, dovranno necessariamente saper tracciare un disegno strategico e fare un salto di qualità in termini d’investimento, di creazione di valore economico e sociale e di responsabilità, puntando su persone adeguatamente formate e non più solo informate o, ancor peggio, improvvisate. Da qui l’importanza della formazione per il Terzo settore come elemento di crescita strutturale e manageriale.